Nata a Pamparato, classe 1875, Leonilda Prato fin da subito si dimostra una donna controcorrente: si sposa contro il volere della famiglia con Leopoldo, artista destinato alla cecità, e lascia il paese per condurre una vita nomade, cantando e suonando per le piazze, spostandosi rigorosamente a piedi. Nel 1905 conosce un anziano fotografo ed è così che nasce la sua grande passione: da quel momento infatti Leonilda documenterà attraverso la fotografia la vita quotidiana, produrrà ritratti di persone comuni, aiuterà anche i partigiani scattando le fotografie per i documenti falsi. 83 anni di vita racchiusi in oltre tremila scatti – questi i soli sopravvissuti, Leonilda non aveva un atelier e non archiviava i negativi, le lastre fotografiche le riutilizzava, a volte le cedeva.
Leonilda approfondiva le sue conoscenze da autodidatta, procurandosi i pochi manuali reperibili, e lottando contro i pregiudizi e gli ostacoli di un contesto tradizionalista e patriarcale che vedeva di cattivo occhio la scelta di intraprendere un lavoro prettamente maschile da parte di una donna. Il mestiere del fotografo era già più che insolito per quegli anni ma Leonilda seppe conquistarsi la sua clientela: famiglie, amici, sorelle, contadini con o senza attrezzi da lavoro, calzolai al lavoro per strada, musicisti con i loro strumenti, trapezisti e notabili sono solo alcuni dei protagonisti immortalati. Gli scatti non eludono il contesto e rivelano un ambiente popolare, povero ed essenziale, trasformandosi oggi in una testimonianza preziosa della vita quotidiana di inizio Novecento.
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