Già in tempi recenti non è stato facile per le donne guadagnarsi uno spazio nel mondo della poesia, immaginate di farlo nel Cinquecento, un secolo in cui alle donne erano concesse esigue libertà e in pochissime potevano dedicarsi allo studio. Livia Tornielli, o Torniella, fu considerata una delle più grandi rimatrici del suo tempo certamente grazie al suo grande talento ma anche alle sue origini nobili. Suo padre, Filippo Tornielli, fu governatore di Novara tra il 1522 e il 1529 e luogotenente dell’imperatore Ferdinando; suo fratello Manfredi divenne invece capitano di Carlo V.
Erano tempi burrascosi per Novara che in quegli anni venne concessa in feudo a Pier Luigi Farnese mantenendo comunque un presidio spagnolo; fu sede di molti scontri e di lotte tra guelfi e ghibellini. Livia in questo contesto si trovò legata alla corte di Milano poiché sposa di un Borromeo, Filippo Dionigi. Il matrimonio le consentì di frequentare un salotto culturale insieme agli intellettuali più in vista dell’epoca. Qui Livia riuscì, grazie alla sua poesia, a ritagliarsi uno spazio attirando l’attenzione di illustri letterati del periodo.
I suoi sonetti vennero pubblicati in varie raccolte e venne ricordata come studiosa di Dante in un’epoca dominata dalla precettistica petrarchista. La scrittura di Livia, irreprensibilmente inserita nello schema di figlia, moglie, madre, devota la fece spiccare tra le “illustrissime, lodatissime et onoratissime signore” della città cinquecentesca. Scopriamo una figura femminile insolita del Cinquecento piemontese questa settimana su Rivista Savej!