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La peste a Novara

Tra gli eventi funesti che travolsero l’Europa nell’Età moderna la peste del 1630-31 fu sicuramente uno dei più letali. Oggi viene ricordata come la “peste di Milano” o “peste manzoniana” ma non fu solo la città lombarda a pagarne le conseguenze. All’epoca il territorio novarese era compreso nel ducato di Milano, guidato da Filippo IV di Spagna, che stava subendo le spietate battaglie di spagnoli, tedeschi, francesi e piemontesi durante la guerra dei Trent’anni. La malattia fu portata in Lombardia nell’autunno 1629 proprio dalle truppe tedesche dirette a Mantova. Il batterio della peste iniziò così a prosperare grazie ad una funesta combinazione di fattori: il passaggio e lo spostamento dei soldati, le guerre, il maltempo e la crisi alimentare. Nel frattempo i vicini torinesi stavano già lottando contro lo stesso male, portato dai francesi durante la seconda guerra del Monferrato.

A nulla valsero i tentativi di contenere il contagio: nonostante i transiti controllati e il divieto di entrare in città rivolto a mendicanti e forestieri, a Gozzano e Borgomanero si segnalarono i primi episodi e il 1° maggio 1630 venne individuato il “paziente zero” a Novara. Con la stagione calda il contagio dilagò e vennero costruiti i primi lazzaretti. Non era semplice isolare i malati, soprattutto nelle campagne, mentre in città scoppiava il caos generato anche dalla fuga dei cittadini abbienti che spesso ricoprivano ruoli di comando. Dopo una breve tregua la peste riprese vigore nella primavera del 1631 per poi cessare nel giugno dell’anno successivo lasciando dietro di sé morte e distruzione. Difficile quantificare i decessi, quel che è certo è che intere comunità furono spazzate via dal terribile “mal contagioso”.

Ripercorriamo le fasi della pestilenza del 1630 a Novara questa settimana su Rivista Savej.